Riccia, frolla o Santa Rosa?
I dilemmi insoliti di Napoli spesso riguardano la sua gastronomia meravigliosa. In molti si domandano se sia nato prima l’uovo o la gallina, nella città di Partenope, invece, se prima la frolla o la riccia e se la Santa Rosa non sia in realtà la sfogliatella primigenia. Delle molte leggende che si raccontano sulla nascita di questa opera di ingegneria culinaria la più accreditata è sicuramente quella del convento di Santa Rosa ad Amalfi. Si narra che durante il XVII secolo le monache di clausura del convento di Santa Rosa fossero solite preparare infusi quali limoncello o nocillo e di venderli insieme ad altre leccornie, tipiche della tradizione costiera. Un giorno pare che una di queste monache, Madre Clotilde, non avesse il cuore di gettare del semolino cotto nel latte che era avanzato dalla sera precedente, quindi vi aggiunse frutta secca, zucchero e limoncello e decise di utilizzare il composto come farcia per due sfoglie ammorbidite con lo strutto e di cuocere il tutto nel forno, ma non senza aver dato prima alla composizione, la forma di un cappuccio da monaco. Questo dolce, chiamato Santa Rosa, delicato ed equilibrato, dalla doppia consistenza croccante e cremosa, ebbe un rapidissimo successo presso i contadini della zona, fino a quando il proprietario di un’ osteria di via Toledo, Pasquale Pintauro, s’impossessò della ricetta. L’osteria divenne immediatamente pasticceria e la ricetta della Santa Rosa, fu lievemente modificata insieme alla forma, che da cappuccio monacale divenne una piccola conchiglia barocca. Successivamente, con lo stesso ripieno, nacque la frolla che aveva un involucro, di pasta frolla, più compatto e adatto al passeggio lungo via Toledo.
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